Intervista di The Independent alla band
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Intervista di The Independent alla band
Il giornalista Brendan O’Connor ha intervistato la band per l'Independent.
Vi proponiamo i passi più significativi della loro lunga conversazione.
Recentemente, un amico di Bono gli ha detto scherzando che gli U2 hanno impiegato 5 anni per scrivere il loro primo album.
In un momento difficile della gestazione di quello che sarebbe divenuto Songs Of Innocence, lo storico mentore della band Jimmy Jovine suggerì a Bono di tornare dove tutto era iniziato, ed il risultato è un album sulle forze che hanno plasmato i membri della band 40 anni fa, un disco carico di rabbia giovanile ed incentrato sulle loro origini.
La madre di Bono è la protagonista di Iris, una canzone che è già un classico della discografia degli U2, e compare anche in un altro brano. Mi chiedo se lui creda che lei sappia cos’è divenuto suo figlio: “Non saprei – risponde Bono – ma ho la forte sensazione che la rivedrò e non temo di morire; certo, questo non sarebbe esattamente il momento più opportuno: ho da scrivere un altro po’ di dischi e sto trascorrendo un bellissimo periodo con i miei figli e mia moglie….”.
Poi prosegue raccontando come, terminato l’album a Malibu, avesse qualche dubbio proprio in merito ad Iris: “Che cosa poco punk cantare una canzone sulla mia mamma….”. Ma si rese allora conto che sua madre era morta esattamente 40 anni prima, colpita da un aneurisma durante il funerale di suo padre, proprio lo stesso giorno (l’8 settembre) in cui lui si poneva quei dubbi: “Lo presi come un segno, anche se non sono superstizioso”.
La madre di Bono viene evocata anche in The Crystal Ballroom: “The Crystal Ballroom era il vecchio nome di McGonagles [dove gli U2 si esibirono più volte ai loro esordi], molti dei nostri genitori lo frequentavano quando erano fidanzati; l’idea è che noi siamo i fantasmi dell’amore dei nostri genitori, le vestigia, ciò che ne rimane”.
Bono ricorda solo poche immagini di sua madre, per lo più provenienti da vecchi filmati in Super 8 di quando lei aveva 23 o 24 anni: “Vederla correre e colpire la palla con quei movimenti al rallenty. È stato così bello….ci scordiamo sempre che i nostri genitori hanno avuto quest’altra vita, prima che ci fossimo noi”.
“Ho perso mia madre, la donna che mi ha messo al mondo, proprio mentre stavo scoprendo l’universo femminile… E questo ha significato trovarmi a vivere solo con due uomini [suo padre e suo fratello] che per la maggior parte del tempo urlavano l’uno contro l’altro”. Di qui la rabbia, di qui il punk, di qui gli U2.
E questo stesso dolore è ciò che ha guidato Bono fino alla porta della casa di Larry quando anche lui perse la madre [nel 1978]: “E’ venuto da me – ricorda il batterista – sapeva cosa stavo attraversando e ne potevamo parlare, ed è stato importante perché in quei momenti non hai più un posto dove andare: nella mia testa sapevo che la mia casa non esisteva più e cercavo un posto nuovo da chiamare “casa”.
Questa è una delle ragioni per cui siamo qui ora: la band è divenuta la loro casa, ciò in cui hanno riposto tutta la loro fede.
Bono racconta che dopo un anno di lavoro l’album era già pronto: “La prima versione del disco era molto, molto buona, e piuttosto “cool”; ma allora ci siamo detti. “Noi non siamo qui per fare musica “cool”: abbiamo il sangue molto più caldo, vogliamo far qualcosa che si distingua”. E quindi hanno aspettato che arrivasse qualcosa di abbastanza grande: per citare Quincy Jones, hanno aspettato che dio attraversasse la stanza; ma, come Bono ha detto a Quincy, Dio è piuttosto inaffidabile….ci sono voluti 5 anni.
Non sono stati 5 anni facili per la band, innanzitutto perché su di loro incombeva No Line On The Horizon che, come dicono loro, mancava di forza di coesione: “Non siamo riusciti a cogliere il punto” dice Larry: le buone idee c’erano, ma non sono state portate a compimento, e delle buone idee non sono abbastanza per fare delle buone canzoni; di conseguenza quei brani non funzionavano neppure live. Invece questa volta la sensazione è che i brani nuovi riusciranno molto bene dal vivo, e questo genera grande eccitazione nella band.
Le canzoni di Songs Of Innocence sono state riscritte tre o quattro volte, ed il processo creativo non è indolore: “Può essere davvero brutale – spiega Larry – proviamo ad essere diplomatici e abbiamo attenzione l’uno per l’altro, ma può essere dura”.
Se chiedi a Bono se in questi ultimi 5 anni la band ha mai avuto la sensazione di doversi sentire umile, si mette a ridere: “Tu intendi dire se ci siamo mai sentiti umiliati… Certo, c’è dell’umiliazione nell’accorgerti che non hai tutto il talento che credevi di avere….”. “E quando te ne sei reso conto?” “Ad ogni album, soprattutto con quelli veramente buoni: Achtung Baby è stata l’esperienza più umiliante di tutte. E’ solo quando perdi la strada che impari che non sono il mestiere ed il talento a portarti al risultato, ma piuttosto la magia e l’alchimia, e che se sei fortunato puoi trasformare il tuo schifo in oro”.
Ed è comprensibile che, in un momento in cui molti rockers hanno smesso di produrre buona musica, ti venga da chiederti se non sarai il prossimo: “Te lo chiedi – dice Bono – ma la cosa che accomuna tutti questi artisti è che, se sei abbastanza fortunato da poterli incontrare, ti accorgi che non hanno idea della ragione per cui il loro ultimo lavoro è stato un fiasco: questo accade perché non hanno nessuno attorno a loro, non affrontano discussioni finché sono in studio perché, sai, loro sono grandi artisti… Gli U2, invece, fin da quando erano ragazzini si sono circondati dei migliori critici possibile, ed i migliori tra loro sono questi miei tre compagni di avventura, e poi certi *stronzi* come Guggi, Gavin Friday e Simon Carmody, che godono ad essere sprezzanti ed a sfidarci”.
Con tutto il clamore sollevato dal rilascio gratuito dell’album su iTunes, le difficoltà in studio possono quasi risultare la parte più semplice di tutta la faccenda, ma nulla può intaccare il loro entusiasmo per il fatto che 30 milioni di persone abbiano scelto di scaricare il disco sui loro dispositivi, anche se – come evidenzia Bono – "non possiamo sapere quanti lo abbiano scaricato anche nel loro cuore”.
La sera precedente gli U2 erano stati ospiti da Jools Holland e chiedo loro se si siano sentiti un po’ in competizione con le band più giovani ed energetiche che appaiono in quel programma, ma Bono afferma che l’unico artista di cui si senta in qualche modo geloso è Hozier: “Il brano Take Me To The Church mi incute timore: un grande testo, una grande melodia ed una grande voce; è una cosa che mi smuove, e non capita spesso”.
Quel che risulta evidente è quanto gli U2 si stiano divertendo nel presentare live i loro nuovi brani, in particolare le versioni acustiche: dopo la relativa indifferenza che ha circondato la pubblicazione dell’album precedente, evidentemente la band sta molto apprezzando la propria capacità di “colpire la gente proprio in mezzo agli occhi”, come dice The Edge.
Mi imbarazza sollevare ora la questione delle tasse: è stata una così piacevole conversazione in un angolo tranquillo di un bel pub, accompagnata da crocchette di pesce e vino bianco: loro non potevano essere più cordiali, Bono è il fascino fatto persona nonostante soffra per un mal di testa, Edge e Adam sono due raffinati gentlemen, Larry è molto gentile e dolce.
Ma salta fuori che per nessuno di loro l’argomento è un problema: “capiamo che la gente reagisca con fastidio, in un primo momento; ma, riflettendoci, l’idea che il paese possa perseguire una politica di competitività fiscale mentre le sue imprese non possano farlo, è un’assurdità".
C’è poi quella che Bono chiama la “questione emotiva”: “Perché non rivedete la vostra decisione [di trasferire la società nei Paesi Bassi] in segno di solidarietà verso il paese in difficoltà?”. Bono spiega che si tratta di una cosa del tutto distinta dalla gestione degli affari degli U2: "ciascuno di noi ha risposto in forma privata ai bisogni del nostro paese, e lo abbiamo fatto pubblicamente con (RED) e con Music Generation perché volevamo raccogliere dei fondi, ma la cosa non ci riesce facile, perché da 30 siamo abituati alla riservatezza in merito alle nostre scelte filantropiche".
Bono conclude dicendo che la scelta di non riportare la società in Irlanda è ormai una questione di principio: “a questo punto, farlo sarebbe soltanto un’operazione di showbusiness, ed anche se siamo costretti a confrontarci con lo showbusiness, non ne siamo parte”.
“Non è assurdo – interviene Larry – che ci troviamo in questa situazione di dover difendere le nostre scelte? Non mi importa cosa pensano gli altri: prendiamo le decisioni tra noi, le motiviamo a noi stessi… Facciamo tutto questo solo perché lo vogliamo fare, potremmo accontentarci di fare dei tours di greatest hits…”.
“Non siamo politici – conclude Bono – e non ci serve il voto popolare. Il nostro pubblico è una piccola minoranza e ci rivolgiamo a loro, che sanno chi siamo attraverso le nostre canzoni; poi c’è gente che non conosce la nostra musica, che non viaggia con gli auricolari piantati nei nostri cuori e nelle nostre menti, che non sa chi siamo. Non abbiamo bisogno di loro.”
Vi proponiamo i passi più significativi della loro lunga conversazione.
Recentemente, un amico di Bono gli ha detto scherzando che gli U2 hanno impiegato 5 anni per scrivere il loro primo album.
In un momento difficile della gestazione di quello che sarebbe divenuto Songs Of Innocence, lo storico mentore della band Jimmy Jovine suggerì a Bono di tornare dove tutto era iniziato, ed il risultato è un album sulle forze che hanno plasmato i membri della band 40 anni fa, un disco carico di rabbia giovanile ed incentrato sulle loro origini.
La madre di Bono è la protagonista di Iris, una canzone che è già un classico della discografia degli U2, e compare anche in un altro brano. Mi chiedo se lui creda che lei sappia cos’è divenuto suo figlio: “Non saprei – risponde Bono – ma ho la forte sensazione che la rivedrò e non temo di morire; certo, questo non sarebbe esattamente il momento più opportuno: ho da scrivere un altro po’ di dischi e sto trascorrendo un bellissimo periodo con i miei figli e mia moglie….”.
Poi prosegue raccontando come, terminato l’album a Malibu, avesse qualche dubbio proprio in merito ad Iris: “Che cosa poco punk cantare una canzone sulla mia mamma….”. Ma si rese allora conto che sua madre era morta esattamente 40 anni prima, colpita da un aneurisma durante il funerale di suo padre, proprio lo stesso giorno (l’8 settembre) in cui lui si poneva quei dubbi: “Lo presi come un segno, anche se non sono superstizioso”.
La madre di Bono viene evocata anche in The Crystal Ballroom: “The Crystal Ballroom era il vecchio nome di McGonagles [dove gli U2 si esibirono più volte ai loro esordi], molti dei nostri genitori lo frequentavano quando erano fidanzati; l’idea è che noi siamo i fantasmi dell’amore dei nostri genitori, le vestigia, ciò che ne rimane”.
Bono ricorda solo poche immagini di sua madre, per lo più provenienti da vecchi filmati in Super 8 di quando lei aveva 23 o 24 anni: “Vederla correre e colpire la palla con quei movimenti al rallenty. È stato così bello….ci scordiamo sempre che i nostri genitori hanno avuto quest’altra vita, prima che ci fossimo noi”.
“Ho perso mia madre, la donna che mi ha messo al mondo, proprio mentre stavo scoprendo l’universo femminile… E questo ha significato trovarmi a vivere solo con due uomini [suo padre e suo fratello] che per la maggior parte del tempo urlavano l’uno contro l’altro”. Di qui la rabbia, di qui il punk, di qui gli U2.
E questo stesso dolore è ciò che ha guidato Bono fino alla porta della casa di Larry quando anche lui perse la madre [nel 1978]: “E’ venuto da me – ricorda il batterista – sapeva cosa stavo attraversando e ne potevamo parlare, ed è stato importante perché in quei momenti non hai più un posto dove andare: nella mia testa sapevo che la mia casa non esisteva più e cercavo un posto nuovo da chiamare “casa”.
Questa è una delle ragioni per cui siamo qui ora: la band è divenuta la loro casa, ciò in cui hanno riposto tutta la loro fede.
Bono racconta che dopo un anno di lavoro l’album era già pronto: “La prima versione del disco era molto, molto buona, e piuttosto “cool”; ma allora ci siamo detti. “Noi non siamo qui per fare musica “cool”: abbiamo il sangue molto più caldo, vogliamo far qualcosa che si distingua”. E quindi hanno aspettato che arrivasse qualcosa di abbastanza grande: per citare Quincy Jones, hanno aspettato che dio attraversasse la stanza; ma, come Bono ha detto a Quincy, Dio è piuttosto inaffidabile….ci sono voluti 5 anni.
Non sono stati 5 anni facili per la band, innanzitutto perché su di loro incombeva No Line On The Horizon che, come dicono loro, mancava di forza di coesione: “Non siamo riusciti a cogliere il punto” dice Larry: le buone idee c’erano, ma non sono state portate a compimento, e delle buone idee non sono abbastanza per fare delle buone canzoni; di conseguenza quei brani non funzionavano neppure live. Invece questa volta la sensazione è che i brani nuovi riusciranno molto bene dal vivo, e questo genera grande eccitazione nella band.
Le canzoni di Songs Of Innocence sono state riscritte tre o quattro volte, ed il processo creativo non è indolore: “Può essere davvero brutale – spiega Larry – proviamo ad essere diplomatici e abbiamo attenzione l’uno per l’altro, ma può essere dura”.
Se chiedi a Bono se in questi ultimi 5 anni la band ha mai avuto la sensazione di doversi sentire umile, si mette a ridere: “Tu intendi dire se ci siamo mai sentiti umiliati… Certo, c’è dell’umiliazione nell’accorgerti che non hai tutto il talento che credevi di avere….”. “E quando te ne sei reso conto?” “Ad ogni album, soprattutto con quelli veramente buoni: Achtung Baby è stata l’esperienza più umiliante di tutte. E’ solo quando perdi la strada che impari che non sono il mestiere ed il talento a portarti al risultato, ma piuttosto la magia e l’alchimia, e che se sei fortunato puoi trasformare il tuo schifo in oro”.
Ed è comprensibile che, in un momento in cui molti rockers hanno smesso di produrre buona musica, ti venga da chiederti se non sarai il prossimo: “Te lo chiedi – dice Bono – ma la cosa che accomuna tutti questi artisti è che, se sei abbastanza fortunato da poterli incontrare, ti accorgi che non hanno idea della ragione per cui il loro ultimo lavoro è stato un fiasco: questo accade perché non hanno nessuno attorno a loro, non affrontano discussioni finché sono in studio perché, sai, loro sono grandi artisti… Gli U2, invece, fin da quando erano ragazzini si sono circondati dei migliori critici possibile, ed i migliori tra loro sono questi miei tre compagni di avventura, e poi certi *stronzi* come Guggi, Gavin Friday e Simon Carmody, che godono ad essere sprezzanti ed a sfidarci”.
Con tutto il clamore sollevato dal rilascio gratuito dell’album su iTunes, le difficoltà in studio possono quasi risultare la parte più semplice di tutta la faccenda, ma nulla può intaccare il loro entusiasmo per il fatto che 30 milioni di persone abbiano scelto di scaricare il disco sui loro dispositivi, anche se – come evidenzia Bono – "non possiamo sapere quanti lo abbiano scaricato anche nel loro cuore”.
La sera precedente gli U2 erano stati ospiti da Jools Holland e chiedo loro se si siano sentiti un po’ in competizione con le band più giovani ed energetiche che appaiono in quel programma, ma Bono afferma che l’unico artista di cui si senta in qualche modo geloso è Hozier: “Il brano Take Me To The Church mi incute timore: un grande testo, una grande melodia ed una grande voce; è una cosa che mi smuove, e non capita spesso”.
Quel che risulta evidente è quanto gli U2 si stiano divertendo nel presentare live i loro nuovi brani, in particolare le versioni acustiche: dopo la relativa indifferenza che ha circondato la pubblicazione dell’album precedente, evidentemente la band sta molto apprezzando la propria capacità di “colpire la gente proprio in mezzo agli occhi”, come dice The Edge.
Mi imbarazza sollevare ora la questione delle tasse: è stata una così piacevole conversazione in un angolo tranquillo di un bel pub, accompagnata da crocchette di pesce e vino bianco: loro non potevano essere più cordiali, Bono è il fascino fatto persona nonostante soffra per un mal di testa, Edge e Adam sono due raffinati gentlemen, Larry è molto gentile e dolce.
Ma salta fuori che per nessuno di loro l’argomento è un problema: “capiamo che la gente reagisca con fastidio, in un primo momento; ma, riflettendoci, l’idea che il paese possa perseguire una politica di competitività fiscale mentre le sue imprese non possano farlo, è un’assurdità".
C’è poi quella che Bono chiama la “questione emotiva”: “Perché non rivedete la vostra decisione [di trasferire la società nei Paesi Bassi] in segno di solidarietà verso il paese in difficoltà?”. Bono spiega che si tratta di una cosa del tutto distinta dalla gestione degli affari degli U2: "ciascuno di noi ha risposto in forma privata ai bisogni del nostro paese, e lo abbiamo fatto pubblicamente con (RED) e con Music Generation perché volevamo raccogliere dei fondi, ma la cosa non ci riesce facile, perché da 30 siamo abituati alla riservatezza in merito alle nostre scelte filantropiche".
Bono conclude dicendo che la scelta di non riportare la società in Irlanda è ormai una questione di principio: “a questo punto, farlo sarebbe soltanto un’operazione di showbusiness, ed anche se siamo costretti a confrontarci con lo showbusiness, non ne siamo parte”.
“Non è assurdo – interviene Larry – che ci troviamo in questa situazione di dover difendere le nostre scelte? Non mi importa cosa pensano gli altri: prendiamo le decisioni tra noi, le motiviamo a noi stessi… Facciamo tutto questo solo perché lo vogliamo fare, potremmo accontentarci di fare dei tours di greatest hits…”.
“Non siamo politici – conclude Bono – e non ci serve il voto popolare. Il nostro pubblico è una piccola minoranza e ci rivolgiamo a loro, che sanno chi siamo attraverso le nostre canzoni; poi c’è gente che non conosce la nostra musica, che non viaggia con gli auricolari piantati nei nostri cuori e nelle nostre menti, che non sa chi siamo. Non abbiamo bisogno di loro.”
Fonte: The Independent
E' possibile usare questa traduzione a patto di citare U2Market.com come fonte. Grazie per la collaborazione.
Niobe2006- L'Intervistatrice Ufficiale
-
Numero di messaggi : 7133
Età : 45
Località : provincia di Vicenza
Umore : Walk on
Data d'iscrizione : 25.06.10
Re: Intervista di The Independent alla band
Grazie Angela
Esmeralda- La Scrittrice
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Numero di messaggi : 841
Data d'iscrizione : 31.08.10
mau2- Il Barcolla ma non Molla!
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Numero di messaggi : 40526
Età : 43
Località : prato
Umore : sono sempre di buon umore e allegro
Data d'iscrizione : 31.05.08
Re: Intervista di The Independent alla band
Che bella intervista... grazie angela....
“Non saprei – risponde Bono – ma ho la forte sensazione che la rivedrò e non temo di morire; certo, questo non sarebbe esattamente il momento più opportuno: ho da scrivere un altro po’ di dischi e sto trascorrendo un bellissimo periodo con i miei figli e mia moglie….”. Questo mi ha angosciato un po'
“Non saprei – risponde Bono – ma ho la forte sensazione che la rivedrò e non temo di morire; certo, questo non sarebbe esattamente il momento più opportuno: ho da scrivere un altro po’ di dischi e sto trascorrendo un bellissimo periodo con i miei figli e mia moglie….”. Questo mi ha angosciato un po'
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